La falesia è una depressione rocciosa alta circa 300 metri che taglia l’Africa Occidentale, in Mali, per circa 100 Km. Lungo la falesia, a poca distanza l’uno dall’altro, sono situati i villaggi dove vivono circa 300.000 Dogon.
Il reportage segue le orme di Marcel Griaule, l'antropologo francesce che nella prima metà del XX secolo studiò a lungo questa popolazione. Griaule ebbe accesso alla più alta conoscenza Dogon, grazie ai dialoghi avuti con Ogotemmeli, il saggio cieco, incaricato dal consiglio degli anziani del villaggio di Sanga di trasmettere al francecse la concezione del creato, della vita, del Divino della genesi del popolo, in una parola; della cultura Dogon. Fu una operazione ragionata che aveva l'obiettivo di trasmettere la cultura dogon ai posteri per evitare che si perdesse nell'oblio, in quanto in quel periodo i villaggi della falesia stavano vivendo una forte emigrazione.
Apparve subito chiaro quanto complessa e articolata fosse la cultura dogon. Quanto di più lontano rispetto ai pregiudizi degli europei nei confronti dei popoli dell’Africa nera. Una forte simbologia presente in ogni attività svolta, che spesso si ricollega alla mitologia della creazione dell’universo e una profonda conoscenza della cosmologia sono le caratteristiche che più colpiscono dei Dogon. Le conoscenze cosmologiche pongono poi questo popolo a livello di altri e più famosi popoli dell’antichità come Greci o Egizi.
Per molti antropologi questa operazione fu un rischio, perché poteva alterare, cristallizzandola, la cultura di questo popolo, in un contesto generale dove le culture, che si trasmettono per via orale, sono mobili e mai uguali a se stesse.
Il reportage cerca di indagare cosa è rimasto della cultura dogon a 70 anni dall'indagine di Griaule.
La terra Dogon, la vita quotidiana, le tradizioni. La giornata Dogon scorre all’insegna del lavoro. L’agricoltura è occupazione sia maschile che femminile. I contadini coltivano piccoli campi e orti strappati alla roccia e alla siccità. Nessuna macchina in loro aiuto; la mattina presto, lontano dalle ore torride della giornata, uomini e donne sono chini a zappare la terra oppure si recano al pozzo a riempire le loro calabas per innaffiare gli ortaggi.
Gli uomini si occupano anche di caccia, pesca, pastorizia e tessitura (arte sacra riservata a pochi eletti), le donne seguono le faccende domestiche, cucinano, si occupano dei figli, lavorano la digitaria (cereale sacro, base dell’alimentazione).
Niente corrente elettrica e niente orologi; il fuoco illumina le case di fango mentre la giornata inizia con la luce dell’alba e termina al tramonto. I giorni di mercato (uno ogni cinque) scandiscono il susseguirsi delle settimane. Il mercato è anche luogo di incontro per gli individui delle diverse famiglie sparsi nei diversi villaggi della falesia.