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Amit Rana - India

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Amit Rana è nato in Germania a Erlangen, vicino Norinberga, nel 1984. Il padre Indir, insegnante di matematica, era in trasferta per un corso presso l’Università della città. Dovendo spendere in Germania un anno, Indir si era fatto raggiungere dalla moglie Lalita e dopo pochi mesi nacque Amit. Terminato il corso la famiglia tornò in India, nella città di Bombay dove Indir insegnava all’Indian Institute of Technology, uno degli atenei più qualificati del paese. Bombay è la città di Amit ma la maggior parte dei suoi primi 16 anni li passò all’interno del campus. Usciva solo quando la famiglia, durante le vacanze estive, andava a trovare i nonni materni che vivevano al Nord, in villaggio bucolico dell’Aryana, mentre i nonni paterni invece vivevano a New Delhi. In treno ci volevano dalle 12 alle 15 ore per raggiungere Delhi e il ricordo di quei viaggi interminabili è dolce per Amit. Erano viaggi dove ci si fermava a conoscere gente, si assaporava il viaggio ed il gusto della lentezza. Sul treno salivano continuamente venditori di ogni genere di cibo e si conoscevano persone interessanti. Amit ricorda quei momenti con rimpianto. Nulla a che vedere con quello che capita oggi. Due ore di volo e si è arrivati. Dai nonni si incontravano le famiglie di zii e cugini. Erano tantissimi ed era bellissimo stare insieme. Nel villaggio della nonna poi si viveva una vita bucolica, molto diversa da quella del campus di Bombay. Amit ricorda le feste religiose. In particolare la festa dei colori (Holy) che simboleggia l’uguaglianza fra le persone. La prima notte si brucia un grande fuoco davanti alla casa che dovrebbe portare via gli spiriti cattivi. Una sorta di inno alla vita per celebrare il trionfo del bene sul male. La mitologia racconta di un demone che voleva essere adorato come un Dio dal proprio figlio, devoto a Visnhù. Non riuscendoci il demone decise di ucciderlo e chiese aiuto alla sorella Holyka, la quale aveva il potere di non bruciare. Holyka avrebbe dovuto trascinare il nipote con lei nelle fiamme uccidendolo. Intervenne allora Rama che tolse il potere ad Holyka trasferendolo al figlio del demone, che si salvò, mentre fu Holyka a morire. Altra festa importante è il Diwali. La mitologia narra che Rama era stato lontano da casa 14 anni per uccidere un demone. La festa celebra il suo ritorno a casa. In India dopo il tramonto si prega in casa che viene addobbata di candele e luci. La luce rappresenta la parte buona, mentre il buio quella cattiva. Parlando della religione indù, Amit elenca i suoi Dei preferiti. Rama, incarnazione di Visnhù creatore dell’Universo, Krishna, altra incarnazione di Visnhù, Hanuman il Dio scimmia simbolo di coraggio e dedizione e Ganesh che simboleggia fortuna e buon inizio. Fra le Dee femminili Lakshmi, Dea della ricchezza e Saraswati Dea della conoscenza e della musica. A proposito del politeismo, Amit dice che l’induismo attribuisce una forma divina ad ognuna delle qualità umane.La città di Amit, Bombay, è una metropoli dai grandi contrasti. Vi sono grandi ricchezze e grandi povertà. Amit apprezza il fatto che nella sua città si possa vivere guadagnando solo un dollaro al giorno. Bollywood, la città dei sogni, è il luogo dove arrivano, in cerca di fortuna, gli aspiranti attori di tutto il sub-continente. Bombay è ricca di opportunità per chi lavora nel mondo dell’informatica. Qui si possono guadagnare facilmente anche 500 euro al mese, una cifra che in India garantisce un buon livello di vita.Una volta completati gli studi di base Amit decise di laurearsi in informatica. L’esperienza universitaria fu molto stimolante. Amit ricorda con piacere i gruppi di discussione e le competizioni con gli altri atenei. Tutte buone occasioni per conoscere altre persone ed ampliare i propri orizzonti. Un anno prima della laurea Amit partecipò ad una selezione e venne assunto da una società informatica del gruppo Tata.A 21 anni, dopo essersi laureato, Amit insieme ad altri 300 ragazzi, venne mandato a Trivandrum dove seguì corsi aziendali di introduzione al lavoro. Tornato a Bombay Amit iniziò il suo lavoro di analista creando report per studiare gli investimenti del capitale indiano nelle imprese europee ed americane. Un impiego interessante perché prevedeva contatti continui con europei e statunitensi. Dopo due anni di lavoro Amit decise di seguire un master. Partecipò ad una selezione nel corso di un road-show tenuto a Bombay dalle Università italiane per fare scouting, e fu tra i nove candidati selezionati per l’ateneo di Pisa. L’arrivo in Italia fu un verso shock. La città di Pisa, vuota, gli sembrava un villaggio indiano di campagna. Tutto molto diverso rispetto alle sue aspettative. Poca modernità e niente grandi strade con macchine veloci. Il pensionato dove alloggiava era proprio dietro la torre e per Amit iniziò un periodo bellissimo. Vivere per otto mesi all’ombra della torre dei miracoli…un posto fino ad allora visto solo sui libri o in tv!! Fra corsi, happy hours con amici e partite di cricket, Amit passò piacevolmente i suoi primi mesi in Italia. Amit concluse il master col massimo dei voti e ricevette immediatamente due proposte di lavoro da Roma e Milano. La proposta milanese sembrava più interessante e così venne al nord per uno stage presso la Engineering Spa. In quel primo periodo condivise l’alloggio con due amici indiani: un collega e un altro studente dell’Università Bocconi. Vivendo a Milano, Amit capì che i milanesi non sono freddi come si dice. Dopo un primo momento di diffidenza, quando ti conoscono ti adottano. Successivamente Amit divise la casa con sei studenti italiani. Vivendo con loro riuscì ad imparare l’italiano. Al termine dello stage Amit trovò un lavoro a Torino presso una società di assicurazioni. Non era entusiasmante ma era il primo vero lavoro e quindi lo accettò di buon grado. Per il suo incarico leggeva enormi manuali in italiano, così, per migliorare la lingua frequentò i corsi del comune. Nei primi mesi visse in periferia, a Collegno. Successivamente si trasferì al centro di Torino, sempre condividendo l’alloggio con colleghi o amici. Anche a Torino Amit trovò un ambiente accogliente. I colleghi erano simpatici e con i suoi coetanei frequentava “i murazzi”, i locali lungo il Po, ascoltando musica e facendo chiacchiere davanti ad un buon bicchiere di vino. Dopo due anni Amit divenne amalista per una società di consulenza. Al termine del contratto Amit tornò a Milano dove trovò un nuovo lavoro.Oggi. Amit lavora per una società di consulenza informatica. Da due anni condivide l’alloggio in una casa grandissima, con otto italiani. La famiglia lo reclama. Il padre fa pressione perché ritorni in India. Vorrebbero trovargli una ragazza. In India è normale che sia la famiglia a scegliere la moglie del figlio, ma per loro va bene anche una ragazza italiana. Amit non ci pensa. Lavora, si diverte con gli amici e si gode la vita. Come tutti gli indiani ama il cricket, il suo sport preferito, che gioca al parco con gli amici. Quando in India c’è la Champions League la segue in streaming. Ama anche il tennis che pratica e, un po’ meno, il calcio. Amit sostiene che non è importante dove sei ma con “chi” sei. Lui, ogni volta che si è spostato in una nuova città, ha sempre trovato buoni amici. In Italia non ha trovato razzismo. Dice che l’intolleranza non è verso gli stranieri ma verso quelli che delinquono. Amit sa che prima o poi tornerà in India. Gli piacerebbe portare il vino italiano nel sub-continente. In un mercato del lusso che è in rapida crescita, pensa che il vino italiano potrebbe affermarsi. Per questo pensa di impostare un’attività di import-export, indirizzata ai ristoratori di alto livello. In alternativa gli piacerebbe aprire una pizzeria a Bangalore, una delle città più ricche del paese. Bangalore è il cuore dell’informatica dove si guadagna molto bene per gli standard indiani: il posto giusto per portare la pizza italiana, che oggi ancora non conoscono. Amit ha un carattere flemmatico. E’ un ragazzo tranquillo e positivo.  Crede nell’amicizia. Cerca di vivere la sua vita intensamente, assaporando ogni attimo e si impegna tenacemente per realizzare i suoi sogni.



 
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